Leonardo’s Milanese vineyard goes into high fashion

La vigna milanese di Leonardo passa all’alta moda

Il 25 settembre 1490 Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, signore di Milano, regala al nobile Giacometto di Lucia dell’Atella – o della Tela, suo cavaliere e intimo scudiero, capostipite di una famiglia di cortigiani e diplomatici al servizio degli Sforza, probabilmente originari della Basilicata e poi saliti al nord nel corso del Quattrocento –, due case a corte con giardino, che in estate ha acquistato per 6mila lire imperiali dagli eredi di un nobile piacentino. Sono situate nel Borgo delle Grazie, l’attuale corso Magenta.

Oggi la Casa degli Atellani, assieme al giardino e alla Vigna di Leonardo, dopo aver subito dei rimaneggiamenti nei secoli e soprattutto nel Novecento, è visitabile, ma solo per pochi giorni ancora: dal 30 settembre la proprietà passerà di mano e non sarà possibile accedere così facilmente a questo piccolo, antico angolo di natura nel cuore della metropoli. Ad acquistarla è stato il Gruppo Lvmh di Bernard Arnault, colosso francese dell’alta moda e del lusso con un carnet di marchi prestigiosissimi, che tuttavia ha assicurato che una parte del complesso rimarrà comunque dedicata ad attività culturali e al pubblico.

La storia della tenuta è simbolica del Rinascimento italiano. Ludovico voleva trasformare la basilica di Santa Maria delle Grazie nel mausoleo della sua famiglia e progettava di costruire un quartiere residenziale per i suoi “fidi”. Chi erano costoro? Personaggi come, appunto, gli Atellani, o Leonardo da Vinci, che all’epoca viveva e lavorava a Milano, al quale, nel 1498, il Moro regalò una vigna di 16 pertiche, situata nei terreni alle spalle di queste case.

Assieme a Santa Maria delle Grazie, all’Ultima cena, dipinta proprio da Leonardo nel refettorio della basilica dei domenicani, Casa degli Atellani e la Vigna sono le uniche tracce rimaste di quel progetto che immaginava un’ideale città satellite, percorsa da canali d’acqua e ricca di verde.

Come testimoniano i molti affreschi rinvenuti alle pareti e le novelle di Matteo Bandello, le case e il magnifico giardino sono al centro della vita mondana milanese per tutto il periodo sforzesco. Gli Atellani le abitano fino al diciassettesimo secolo, dopodiché passano attraverso tre diverse famiglie proprietarie: i conti Taverna, i Pianca e i Martini di Cigala.

Nel 1823 i Pianca affidano agli architetti Aspari una radicale ristrutturazione in senso neoclassico delle facciate. Nel 1919 l’ingegnere e senatore Ettore Conti le acquista per farne la propria abitazione, nonostante le obiezioni della moglie Gianna Casati che le considera letteralmente “una topaia”.

Conti affida al genero architetto, Piero Portaluppi, l’incarico del progetto. Quello che oggi è conosciuto come uno dei grandi architetti milanesi, trasforma le due case in una sola dimora, abbattendo le mura che separano le corti preesistenti e creando un unico ingresso. Ovunque l’architetto riscopre e aggiunge affreschi e reperti scovati nei cinque secoli di vita dell’edificio. Dopo tre anni di cantiere, la nuova casa degli Atellani viene inaugurata nel 1922. Dopo la guerra e i gravissimi bombardamenti del 13 e 16 agosto 1943, che nel quartiere porteranno pesanti distruzioni, prima di tutto alla Basilica delle Grazie, Portaluppi ne curerà i restauri e un’ulteriore trasformazione.

Non solo: pochi anni fa la vigna è rinata e ha di nuovo prodotto del vino, per quanto sperimentale. Grazie alla volontà dei proprietari di Casa degli Atellani e della Fondazione Piero Portaluppi, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e del Governo italiano, nel XXI secolo è stata portata avanti dalla Facoltà di Scienze Agrarie di Milano una ricerca storico-scientifica senza precedenti. Gli scavi hanno consentito di ritrovare e riportare alla luce i tracciati dei filari originari e, dalle analisi effettuate sui campioni rinvenuti, è stato possibile ricostruire il profilo genetico completo del vitigno, una Malvasia di Candia aromatica, e nel 2015 ripiantarlo producendo del vino ora conservato in una bottiglia sigillata ed esposta all’interno della casa museo.

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