C’è una terra “ai confini del regno”, nell’estremo nordest d’Italia, che racchiude in sé mare e montagna, estati caldissime e inverni nevosi, rimandi a popoli antichi e capacità di innovazione spinta. “Un piccolo compendio dell’universo”, come lo definì lo scrittore Ippolito Nievo che vi visse. È il Friuli Venezia-Giulia, poche ora d’auto da Milano, ben collegato con il resto del Paese dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari, sulla linea ferroviaria per l’Austria.
Facilmente visitabile in un fine settimana lungo, con o senza Trieste che basta da sola, viaggiare in Friuli è semplice: una terra raccolta che si gira bene, nessuna coda davanti ai musei, ma tante piccole realtà da vedere, storiche, culturali, naturalistiche. Qui il viaggio ideale, spalmato su tre giornate.
Primo giorno
Mattina
La sistemazione ideale per visitare il Friuli “classico” è senz’altro Udine e i suoi dintorni, dove è possibile trovare alberghi, agriturismi, b&b, case di vacanza. È il cosiddetto Medio Friuli da cui si raggiunge bene tutta la regione.
Visitare il capoluogo friulano è facile: un veloce giretto in centro per vedere piazza Libertà, con la Loggia del Lionello, il Municipio fine Ottocento di Raimondo D’Aronco, via Mercatovecchio, e, in fondo, verso l’Università, la biblioteca, via Paolo Sarpi, riva Bartolini sulla roggia, il tipico canale d’acqua, piazza San Cristoforo.
Da uno dei vicoli che si dipartono da via Mercatovecchio o scendendo da via Sarpi si arriverà, poi, nel gioiellino del cuore di Udine: piazza delle Erbe, o Matteotti, o dei Grani, o San Giacomo. Piccola e spettacolare, nella sua asimmetria, con la chiesa di San Giacomo inaspettatamente tutta spostata verso l’angolo di un lato. È il momento di scegliere uno dei tanti localini che guardano il terrapieno della piazza, dove il sabato mattina si tiene un antico mercato della frutta e della verdura dei produttori locali. Seduti all’esterno, l’aperitivo è d’obbligo, con il tajùt, il taglio di vino, o un bicchiere di prosecco, dell’ex Tocai, oggi Friulano, di Ramandolo o del classico spritz. Innumerevoli le scelte per il pranzo e la cena tipiche. Due su tutte: Alla Ghiacciaia, osteria con vista roggia, o Al Vecchio Stallo, luogo di cimeli.
Pomeriggio
Basta per visitare Cividale del Friuli: dal tempietto longobardo al Ponte del Diavolo, al museo cittadino, al Caffè Longobardo, in piazza Paolo Diacono, colui che fu lo storico dei longobardi, dove gustare la gubana, il tipico dolce locale, bagnata dallo Slivovitz, liquore alle prugne.
Cividale si può raggiungere con il trenino apposito dalla stazione di Udine, ma se si gira in auto, al ritorno, si può fare un salto a Corno di Rosazzo, dove le vie sono state ribattezzate con i nomi dei vini, e, non troppo lontano, nell’austroungarica Cormons (sulla strada che da Corno porta a Cormons si sfiora l’abitato di Giassico, dove ogni anno si festeggia ancora il genetliaco di Francesco Giuseppe). Un salto alla Subida, con le casette per i turisti, la trattoria al Cacciatore e l’Osteria, serve a ristorarsi.
Secondo giorno
Gita di giornata
Partenza per San Daniele del Friuli, la patria del prosciutto crudo, ma scegliendo la strada, scenografica, che passa per Colloredo di Monte Albano, che sale e scende seguendo il naturale andamento delle colline moreniche del Medio Friuli e porta dritti davanti al castello del Nievo. Uno dei pochi lacerti della ricostruzione post sisma del 6 maggio 1976 ancora da terminare.
Subito dopo San Daniele, che di fatto è il centro storico sul cucuzzolo della collina su cui sorge. Passeggiata sulla piazza, Duomo, una visita alla biblioteca Guarneriana, il parco del castello. E poi una mangiata di prosciutto!
Da lì, raggiungere Majano, Osoppo e soprattutto Gemona del Friuli e Venzone è un attimo. Siamo nel cuore di quella che fu una vera e propria devastazione quella sera di maggio di tanti anni fa, quando una scossa di 6.5 gradi Richter lunga un minuto lasciò sotto le macerie mille morti e il passato di questa terra, mettendo una linea ferma tra il prima e il dopo.
Gemona è storia, è medioevo, è cuore della ricostruzione. È il duomo, con la grande statua di San Cristoforo, la via Bini e il quartiere medievale – che rimase in piedi quando tutto il resto intorno crollò perché aveva già i presidi antisismici dei terremoti dei secoli precedenti –, il neo ricostruito castello, il museo visivo del sisma, piazza del Ferro con il suo punto panoramico, il municipio e tutta la parte nuova.
Venzone, poco più a nord, sulla strada verso il confine con l’Austria, è un angolo di passato remoto. Tutto in pietra. Tutto ridotto a un ammasso. Tutto ricostruito alla perfezione. Si parcheggia fuori dalle mura e si passeggia fino in centro, sulla piazza dove girarono “Addio alle armi” e “La Grande Guerra”. Non può mancare la visita al duomo, ricostruito in anastilosi, cioè pietra su pietra numerate, come un puzzle.
Al rientro, ci si può fermare a cena a Ospedaletto di Gemona dove c’è l’Osteria e Cucina, in via Cjamparis, regno di panini fatti in casa gustosissimi, seguiti da fettone di torte a più strati.
Terzo giorno
Gita di giornata
Sulla strada che da Udine porta al mare, tranquilla, piacevole, nel verde, si attraversa Palmanova, l’incredibile città fortezza a forma di stella a nove punte. Una tappa si può fare nella piazza principale e magari percorrendo a piedi le mura.
Ma soprattutto, pochi chilometri dopo, passato il borgo medievale di Strassoldo e attraversata la cittadina di Cervignano, si arriva ad Aquileia: colonia romana fondata nel 181 a.C., capitale della X Regio augustea, Metropoli della chiesa cristiana, città da 100mila abitanti nei tempi d’oro, è davvero unica. Si passa il tempo nel passato, tra la Basilica, con i suoi mosaici incredibili per bellezza e significato, il porto romano, il foro, i resti, il Museo archeologico.
Riemersi dalle vestigia dell’antico impero, si può proseguire ancora più a sud e bastano un paio di chilometri per ritrovarsi su un lungo ponte immerso nella laguna. Spettacolare: è l’ingresso a Grado, “L’isola del sole”, con la spiaggia vecchia e quella nuova, la passeggiata al porto e sulla diga, le viuzze del borgo marinaro in cui perdersi e, anche qui, il complesso della Basilica.
Molti i locali dove mangiare, vista mare, vista porto, vista passeggiata in centro storico. Un nome su tutti: “Bella Grado”, affacciato sul porto, ottimo, aperto e con veranda riscaldata anche d’inverno. Il caffè, poi, si prende nei localini sulla diga, ammirando l’orizzonte tra acqua e cielo e, in fondo, verso ovest, i grattacieli di Lignano Sabbiadoro, l’altra località marina della regione, più giovane, più movida, più recente perché recuperate alle paludi a inizio Novecento. È il fondo dell’Adriatico, la fine del viaggio, là dove l’acqua talvolta si ritira al punto che ci si può inoltrare a piedi nel mare per chilometri. Come in un sogno.