Marco Taddei, stile chic, raffinato, accurato e sempre impeccabile, è un fashion content creator nato nelle Marche, in provincia di Macerata, e trasferitosi da poco a Milano per proseguire la sua carriera nel digital. Il trentatreenne lavora da ben 14 anni nel mondo della moda, ma si è specializzato in comunicazione negli ultimi 10, dedicandosi soprattutto alle principali piattaforme social.
Collaborazioni con importanti brand, consigli di stile e racconti sugli antichi mestieri italiani sono soltanto alcuni degli argomenti che l’influencer marchigiano porta sui propri canali social, facendo dello stile italiano il fil rouge dei suoi contenuti. Con Taddei abbiamo scambiato idee e opinioni circa la visione di “italian style”, un concetto che lo accomuna particolarmente al brand Seishou.
Come è entrato nel mondo della moda e cosa esattamente Le piace del fashion?
A 19 anni ho iniziato a lavorare in uno showroom di abbigliamento e accessori uomo/donna nel centro Italia, avendo come zone di riferimento Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e Toscana. Si trattava di produzioni medio-alte, di buona qualità, ma più fashion che classiche. Qui ho lavorato 4 anni, poi ho scelto di intraprendere un percorso rivolto alla comunicazione e al digital per poter confrontarmi con realtà che sentivo più vicine al mio gusto e alla mia sensibilità.
A chi o a cosa si ispira per creare i Suoi look?
Venendo da una regione a forte tradizione artigianale come le Marche, sono particolarmente incuriosito da tutto ciò che riguarda l’handmade di lusso. Proprio per questo, con il tempo ho deciso appunto di rivolgermi prettamente a questa tipologia di azienda e di prodotto, coltivando un pubblico che apprezza queste caratteristiche. Se si parla di classicità, è impossibile non pensare a sarti e calzolai che ancora oggi lavorano a mano. È questo che rappresenta il mio stile e che storicamente ha distinto l’Italia nel mondo.
Il Suo stile è chic ed elegante: cosa aggiungerebbe a questa definizione?
Sicuramente “senza tempo”. Sono convinto che ci sarà sempre posto per l’eleganza classica. Anche se il Covid e lo smart working hanno un po’ ridimensionato il ruolo dell’abito formale, lo stile italiano che rappresento è una costante che non può semplicemente passare di moda.
Cosa significa l’italian style per Lei che ne fa praticamente un mantra?
Una grande responsabilità, perché significa dover fare molta attenzione al tipo di contenuti. Sui social lancio a volte delle piccole provocazioni, nel senso che porto in un contesto di italianità delle caratteristiche non per forza prettamente italiane, che però riguardano sempre il classico. Per me proprio questo vuol dire essere italiano: non si tratta solamente di uno stile definito, ma di qualcosa che ti porti dentro e che io in qualche modo, nel mio piccolo, cerco di tradurre a livello visivo nei miei outfit.
In che modo l’Italia è diversa dagli altri Paesi quando si tratta di moda e di stile?
Il nostro è un discorso storico e culturale. Rispetto ad altri Paesi siamo sempre stati molto più attenti ad alcuni aspetti, sia in termini di prodotto che di lifestyle. E con questa parola si intendono tante cose: da scarpe e vestiti ricercati, all’aperitivo o alla passeggiata in spiaggia. Ci sono elementi che sono emblematici e al primo sguardo capisci che quella persona o quel mood è italiano.
Seishou è un brand di scarpe prodotte interamente in Italia. Perché il termine Made in Italy ha così tanto peso anche nella Sua carriera?
Avendo lavorato in questo settore per molti anni, mi rendo conto che essere italiano e vestire Made in Italy mi ha permesso di continuare il mio lavoro nel tempo. Indossare abiti che mostrano le caratteristiche della produzione italiana è quello che determina il mio stile e mi dà anche la possibilità, per esempio, di venire intervistato da un brand come Seishou.
L’Italia è nota per la sua sartoria e gli abiti su misura. Quanto spesso usa questa tipologia di abiti?
Sempre. Non vesto in questo modo solo davanti alla fotocamera. Anzi, la mia carriera nasce perché vestivo così e mi scattavano le foto. Credo che la parte più interessante sia non tanto il prodotto finito, ma la possibilità di scoprire la creazione del capo e chi ci sta dietro.
A questo si affianca il Suo lavoro come “old crafts reporter”: perché ha scelto di raccontare gli antichi mestieri?
In parte perché sono nato in una regione in cui questi lavori sono molto radicati nella tradizione e vengono ancora praticati. Allo stesso tempo, era un mondo pressoché sconosciuto all’esterno. Anzi, la difficoltà inizialmente è stata proprio superare la diffidenza delle aziende artigiane nel mostrare il proprio lavoro, preferendo tenere segrete le proprie tecniche. Proprio qui sta il fascino del mondo artigianale e per questo ho deciso di raccontarlo.
In Seishou la priorità principale è ottenere comfort e stile allo stesso tempo. Come coniugherebbe questi due aspetti nei Suoi look?
In maniera molto spontanea e naturale. Personalmente, amo molto gli articoli più classici, come per esempio i bellissimi loafer Maryland di Seishou. Quando un indumento ha una forma raffinata ed è di buona qualità, è normale che si lasci indossare senza problemi, con la stessa facilità di un guanto.